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I produttori di Fiore sardo potranno contare su un finanziamento di settemila euro per la ristrutturazione degli ovili
Una notizia attesa, sollecitata e preparata da tutti i pastori della Barbagia: il finanziamento della ristrutturazione e adeguamento delle “Domos de su 'asu” (case del formaggio) , le strutture dove si trasforma il Fiore sardo, il formaggio dei pastori barbaricini.
L'iniziativa è promossa dal Bim Taloro, consorzio di tredici comuni (Austis, Desulo, Fonni, Gavoi, Mamoiada, Lodine, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Tonara, Teti e Tiana) con sede a Gavoi, una delle capitali del formaggio ovino a latte crudo più rinomati d'Italia.
L'avviso pubblicato nelle sedi comunali definisce i criteri per la partecipazione al bando, le priorità e le stesse finalità. La preferenza è data ai pastori che aderiranno al Consorzio di tutela e ai giovani.
La somma massima concedibile è di settemila euro, in quanto è finalizzata all'adeguamento di strutture già esistenti. La domanda, su modulo predisposto dall'ente erogatore, dovrà essere allegata dei documenti tecnici e della relazione tecnica ed economica.
Il termine per la presentazione è il 15 aprile. «L'obiettivo - dichiara il vicepresidente del Bim Taloro, Gabriella Manca - è quello di intervenire in un settore strategico per il nostro territorio, al fine di favorire la realizzazione di strutture idonee alla trasformazione secondo le regole sanitarie».
A oggi, infatti, a fronte di un centinaio di aderenti al Consorzio di tutela, ci sono almeno trecento produttori che non possono aderire poiché non sono dotati di strutture idonee al riconoscimento delle produzioni Doc.
«Con questa iniziativa - sottolinea Gabriella Manca - puntiamo a rafforzare il Consorzio con tante adesioni e alla sistemazione di numerose strutture poste negli ovili del nostro territorio».
Un duplice obiettivo che potrà essere raggiunto con il controllo-guida dei tecnici del Bim Taloro di Gavoi, che hanno il compito di approvare i soli progetti che puntano alla lavorazione nelle strutture tradizionali.
«Ha avuto effetti tragici - precisa il vicepresidente del Bim Taloro - la stagione dei mini-caseifici per la trasformazione del Fiore sardo, poiché hanno standardizzato la produzione e hanno esposto i produttori ad investimenti stratosferici».
Da uno studio effettuato dal Bim è risultato, infatti, che i requisiti minimi sanitari sufficienti per la certificazione Asl, sono raggiungibili con piccoli accorgimenti che non stravolgono le vetuste strutture di trasformazione.
Una sfida nella sfida, quindi, con la valorizzazione degli antichi opifici del Fiore sardo, il formaggio del pastoralismo.
«Sono luoghi ai quali è legata la nostra memoria culturale e sociale - sottolinea Gabriella Manca - e per i quali l'unico modo per sopravvivere è quello di essere luogo di produzione vera e tradizionale».
Un rovesciamento della prospettiva, con gli ovili e le sue “Domos de su 'asu” posti come luoghi “glocal”, con globale e locale che coesistono vincendo la sfida del mercato.
La partita è la solita: da una parte dei produttori isolati e dall'altra l'industria casearia e la grande distribuzione che impone i prezzi di acquisto di latte e formaggi. Chissà che il rafforzamento del Consorzio di tutela gavoese non sia il primo vero argine verso un globale che annienta il locale.
MICHELE ARBAU